Il Testimone: esercitazione artistica in forma di mostra lampo con incursione scenica, orazione critica collettiva e ri-forma

26 luglio 2011 ore 21 – 24: inaugurazione forma e incursione (Loggia)
27 luglio 2011 ore 17 – 21: inaugurazione ri-forma (Salone)
28 luglio 2011 ore 17 – 21: mostra (Loggia e Salone)

Padova, Palazzo della Gran Guardia
ingresso privo di costrizioni negli orari indicati
con il patrocinio del Comune di Padova

InGuardia! Peter Lang, Antonio Lovison, Luca Saggioro, Christa Muhr, Floriana Rigo, Antonio Sarto, MSini

 

Strategia indiretta per arti marziali

“La guerra e l’arte sono le risposte dell’uomo all’angoscia della morte e del tempo: con l’arte l’uomo sfida il tempo; con la guerra sfida la morte. Il modo di pensare – fare la guerra e l’espressione artistica scavano i lineamenti più profondi di un popolo: così ogni epoca esprime un pensiero artistico e un pensiero strategico che si scoprono in filigrana, in ogni aspetto della vita sociale e culturale” Sun Tzu [i].

L’ “alveo epistemologico” produce le condizioni di possibilità di un determinato pensare, suggeriva Michel Foucault. “Lo strategós greco… era semplicemente il comandante di una schiera di opliti (fanti pesantemente armati) che formavano il nerbo dell’esercito, istruito allo scontro frontale”.

In L’Arte della guerra il cinese Sun Tzu definisce la strategia militare con termini propri agli ambiti artistici.
Fare la guerra significa fare arte? La strategia ha a che fare con l’immaginazione e la segretezza.

D’altro canto le Avanguardie storiche artistiche occidentali, che rompono con il passato accademico e con un obsoleto repertorio stilistico, aprendo i linguaggi a nuove dimensioni e a nuovi sensi, trovano un’ efficace definizione in un termine desunto da un vocabolario militare.
Forgiate a contatto, spesso diretto, con la guerra -basti pensare ai nostri futuristi, a un Sant’Elia e a un Boccioni che ci rimettono la pelle-, le avanguardie costituiscono un flusso di energie vitali nuove, alimentate dal relativismo spazio- temporale di Einstein, dai contatti impensati con altre realtà, siano nuovi mezzi di illuminazione, di analisi, di sintesi, di trasporto, siano i territori coloniali o quelli dell’inconscio freudiano.
Le arti, vivendo dall’interno la trasversalità delle battaglie, riconoscono la propria natura militante.

“La strategia è il dominio in cui la mente umana elabora il rapporto tra mezzi e fini in un contesto competitivo”. (ii) Il termine strategia esce da un alveo originario di carattere militare e si infiltra nel linguaggio, cioè nel pensiero.

“La strategia condivide con l’economia la correlazione razionale tra fini e mezzi, dove per razionale s’intende il massimo risultato conseguito con il minimo impiego di energia…”. Questa può esser la ragione del prevalere attuale del dato finanziario sul dato economico.

Il profitto –che è il fine delle imprese, anche se le Costituzioni sono fondate sul lavoro- si fa rapidamente in borsa via internet, con operazioni informatiche che annullano il peso del dato spazio\temporale e che, nello stesso momento, annientano il dato fisico, il peso del lavoro, che perde la propria forza.

Il massimo risultato con il minimo sforzo?
Sì, ma artigianalmente, noi, con lavoro minimalista, sfruttando….. una caduta, anche..

L’ “epoca della riproducibilità tecnica“, secondo la ben nota definizione benjaminiana, ha raccolto e raccoglie nella rete pesci piccoli e pesci grandi, in una moltiplicazione senza sosta.
Nel fluire dello “scambio simbolico”, la decretata morte dell’arte si rinnova ad alta diffusione, nell’entusiasmo del suo proliferare. Lo “spettacolo” è continuo e garantito, se non socialmente imposto.

Così l’esserci è decreto di gruppo, nel ri-trovato –in Comune- genius loci della Gran Guardia.

La Loggia, gioiello rinascimentale a scala urbana, progettata da Annibale Maggi da Bassano, ripassata dal ferrarese Biagio del Bigio e da Giovanni Maria Falconetto (1530), fu prestigiosa sede del Maggior Consiglio cittadino, Serenissimo per definizione, dopo l’incendio del Salone nel 1420. Durante il dominio austriaco ottocentesco l’edificio fu utilizzato come comando militare e per questo motivo denominato “Gran Guardia”. Da qui partivano decreti e comandi di un regime di sicurezza che si offriva illuminato. Raffinatezza stilistica, equilibrio formale, eleganza strutturale garantiscono un volto gentile al sistema di potere e di controllo.

La sede della Gran Guardia è per noi scelta radicale. Questa scelta sottolinea oggi la nostra vocazione militante, la nostra predisposizione territoriale. Eccoci inGuardia!

E che cos’è (stata) l’arte se non strumento di controllo e persuasione? Oggi più che mai di auto- controllo.

L’esercizio della scelta collettiva impone disciplina, rinuncia, fermezza, costanza, flessibilità. Il progetto non riguarda una somma di individui, ma l’assunzione consapevole di una forma comune. Sì, liberi di uniformarci, tra scansioni biografiche, grappoli di saperi, sovrapporsi di mappe, casualità gestuali, proiezioni rizomatiche, finalità non gratuite.
La damnatio memoriae è un fatto singolare, se pur esercitata su una pluralità. Abbiamo praticato piuttosto le storie, per coglierne i dispositivi, le articolazioni, le eterotopie, i punti di rottura, le linee d’efficacia, la determinante incidenza del caso.
Eppure trattiamo un’opera come quel macellaio, al servizio di un imperatore cinese, tratta la carne. Il coltello segue i vuoti della struttura animale, così lo stilo non si usura e rimane affilato nel tempo. L’arte è questione di stile, di incisività, soprattutto di vuoti, anche nel senso occidentale di mancanze. “Per tutta la carne l’etichetta è obbligatoria”, del resto.
Le storie militari sono storie di uniformi che vogliono la loro p-arte.

Abbiamo adottato una forma semplice. Supporto. Bastione. Piattaforma comune. Trampolino di lancio.

L’opera è Testimone.

Un listello lineare a 3 strati, 8/18 cm di spessore, liscio da un lato e scheggiato sui bordi dall’altro, si curva fino a delimitare uno spazio interno, 100/120 cm di diametro. Già esistono un dentro e un fuori, attraverso un semplice gesto, una piega, un fissaggio. È già scultura. Traguardare, cornice dal vivo, schermo da immortalare.
Il lavoro artistico- artigiano continua sperimentando diversi tipi di carta sulla forma lignea, dal ludico al lucido, rivelatore di umidità. Accumulazioni di forme. Peso complessivo 2 kg.

“La grande immagine non ha forma”. “Il grande quadrato non ha angoli”.

Elenco surreale di inquadrature organiche: pera, fagiolo, pesce, occhio, uovo, ameba, stella fusa, cellula, ovolo di capitello, lampadario, setaccio, filtro, tamburello e poi sarà tensione, strappo, suono.
Si restringe il campo delle variazioni tematiche in un armonioso approssimarsi al cerchio, senza mai raggiungerne la perfezione. Si va incontro a fertili incidenti.

Passare dalla rottura casuale alla rottura causale, volontaria, voluta , non ci sembra pleonastico, anzi, al contrario, esprime l’intenzionalità del progetto artistico e dell’opera. La rottura casuale di Toni è stata oggetto di un recupero artistico collettivo in una serata precisa, ed in quanto tale irripetibile.
Alla Gran Guardia non si tratta più di “recuperare” all’arte un evento accidentale ma, di estrapolarne il simbolo e farlo diventare significante, con un gesto volontario, anche enfatizzato, perché sia più esplicito.

Pro memoria indichiamo il Peindre coniugato al Fendre di Jarry, guarda un po’ che rispunta la patafisica…. Ricordiamo lo spazialismo dei tagli e dei buchi di Fontana, quei gesti scultorei applicati alla tela, segni che feriscono per inventare un aldilà, gesti che possono funzionare come la grata, nel Monumento funebre a Piero e Giovanni de’ Medici, Andrea del Verrocchio (1472). Concetti spaziali, i tagli di Lucio, in tempi di guerra fredda, tempi di gare con razzi che fendono il cielo, oggi stelle del marketing.

Noi oggi ci confrontiamo ancora con le scienze, le tecniche, o le filosofie. Il principio di indeterminazione di Heisenberg non ci fa dormire abbastanza. La meccanica quantistica ci fa danzare con i maestri Wu Li. Ma anche la fisica classica newtoniana può rivelarsi efficace.

Torniamo al nostro atto. La nostra rottura è ottenuta facendo cadere la forma dall’alto. La forma è liberata nel “vuoto”. Liberazione collettiva del gesto di rottura. Semplice: assecondiamo la potenzialità della forza di gravità.
Un gesto promosso da artisti diventa gesto comune a chiunque, un gesto che focalizza una risorsa: l’energia potenziale gravitazionale (ii).

E’ proprio la rottura dall’alto, il gesto da valorizzare dal basso.

La successiva ri-appropriazione dell’oggetto rotto per mezzo della fotografia suggella l’efficacia della rottura individuale e di gruppo e offre immortalità artistica ai partecipanti, non come spettatori, ma soggetti agenti tagli\rotture in comune.

Siamo sensibili all’ “arte della deviazione” e dell’ “allusione”. (iii)
Sono trascorsi i tempi dello scontro frontale, del logos impositivo.

Il cambiamento si infiltra discretamente nel momento in cui si espone.
Il cambiamento è esposto.

 

(i) Sun Tzu – Sun Pin, The complete Art of War, by Ralph D. Sawyer, 1996; L’Arte della guerra, Biblioteca Neri Pozza, 2005

(ii) Gunter Pauli, Blue Economy, 2010 Fondazione Zeri (Zero Emission Research Initiative)

(iii) F. Jullien, La grande image n’a pas de forme, Editions du Seuil, 2003 “La grande immagine non ha forma” – Pittura e filosofia tra Cina antica ed Europa contemporanea. Angelo Colla Editore, Costabissara (Vicenza), 2004 , Dipingere il non-oggetto di Marcello Ghilardi.

L’uso filosofico della Cina di Francois Jullien ha un carattere “metodico” e “si richiama esplicitamente al concetto foucaultiano di eterotopia: un luogo ‘assolutamente altro’”. Portare avanti fino alle sue estreme conseguenze una “pratica eterotopica” ‘autentica’ significa assumere l’altro “nella sua radicale differenza”.

5 agosto 2011